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Non ho più niente da dirvi

 

Non credo che ci sia molto da dire o da scrivere su questo lavoro. Forse finalmente le cose parlano da sole. Forse finalmente l’arte non ha più bisogno di fare metafore. Finalmente non ho più bisogno di fare citazioni. Ah, no!…scusate solo il titolo è una citazione, ovviamente al fatto che oggi è il 14 Luglio, e che quelle tre definizioni hanno e continuano ad avere molta importanza per il significato che si vuole dare alla democrazia.

Ma questo è il titolo che ho voluto dare alla Performance di stasera, mentre il lavoro, che nasce in coincidenza con l’invio di truppe militari Italiane in Iraq, si compone di tre parole che sono diminutive e dispregiative del termine peacekeeping, che diventa peacekiiping (pronuncia identica ma significato che si avvicina all’idea di cacciare la pace nel buio di una galleria di una miniera), e naturalmente pisschchiping che è una voluta volgarizzazione del fare la pipi nel primo posto che ti capita, ma dove possibilmente non ti veda nessuno. Infatti l’Africa ha la più bassa visibilità mediatica del mondo.

Peacekeeping, peacekiiping, pisschchiping, è quindi il titolo di questo lavoro che come accennavo all’inizio si pone come obbiettivo di non fare ne metafore ne citazioni. Se devo essere onesto nasce anche come contrapposizione idealistica alla pubblicazione e visibilità (solo per pochi in quanto io come molti altri ne hanno avuto notizia attraverso i giornali e le pubblicazioni specialistiche), del lavoro di M. Barney dal titolo Cremaster

Dalle spiegazioni che ho potuto avere sembrerebbe che il termine-titolo di questo lavoro di M. Barney rimandi ad un muscolo che si trova tra il pene e lo scroto, e che servirebbe, nell’uomo (forse anche nella donna), a regolare l’impulso sessuale, quindi di vita, quindi creativo-artistico. Non credo che ci sia bisogno di spiegare l’eventuale relazione con il Pisschchiping

Infine per chiarirci e per chiarire meglio, quasi per caso,  questo lavoro presente stasera è nato intrecciando nella realizzazione i quattro elementi ilozoismi: acqua, il ghiaccio che diventa vapore, fuoco, utilizzato per dare forma alla plastica con cui è costruita la figura, aria, che è servita a fissare la forma e raffreddare la plastica nella combinazione con il poliuretano espanso all’interno e del colore all’esterno, terra che è nel ferro ritagliato a forma di Africa presente come simbolo ai piedi della figura, ma anche nella plastica che è un derivato del petrolio estratto dal sottosuolo.

Lascio a voi la simpatia e la causticità di qualsiasi osservazione.

A proposito di simboli e metafore, non mi dispiacerebbe realizzare dei lavori dove il numero, inteso con un significato sia combinatorio, inferenziale, nonché cabalistico, sappia fare gioco di significati intelligenti ma poco intelligibili, cioè esattamente il contrario di quello che vi costringo a vedere stasera. Facendo questo forse riuscirò ad avere un contratto con qualche gallerista e anche naturalmente a guadagnare un bel ‘numero’ di soldi.

 

Matteo Donati

Galleria DUETART – VARESE – 14 Luglio 2005        

 

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