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La grande disillusione

Già nella pagina otto del mio vecchio sito, facevo riferimento al racconto Kafkiano del cavaliere del secchio, ma mentre prima ero ancora convinto della necessità di mantenere una adeguata leggerezza, secondo le lezioni Americane di Calvino, ora credo che l’accertato insuccesso del Movimento Antigravitazionale sia proprio un chiaro indizio che qualsiasi profetica linea di sparizione del peso gravitazionale delle cose sia solo una grande illusione.

Infatti, in un secondo possibile finale della novella del Cavaliere del secchio, Kafka scrive: “Fa più caldo quassù, che sulla terra gelata dall’inverno? Le alture intorno sono tutte bianche, l’unica cosa scura è il mio secchio. Se prima ero in alto, ora sono in basso, per alzare lo sguardo alle montagne mi slogo il collo. […] Sull’alta neve che non affonda di un pollice seguo le orme dei piccoli cani artici. La mia cavalcata non ha più senso, perciò sono smontato e porto il secchio su una spalla.I racconti F. Kafka i Merindiani

MA è proprio vero? Non posso pensare che a distanza di 16 anni dalla vecchia pagina otto, questo finale diverso scritto da Kafka per il suo racconto Il cavaliere del secchio suoni come la profezia del nuovo millennio? Mentre nella versione originale si parla di un cavaliere tutto teso ad ottenere una manciata di carbone per poter scaldare la propria umile casa congelata, qui ora si parla di una cavalcata inutile, di una disperazione rasserenata alla luce del fatto che ormai fa più caldo, e soprattutto che il secchio è pieno. La terra si sta scaldando, non abbiamo più bisogno del carbone o petrolio, che tradotto, ad un ambito artistico, non serve più cercare la propria linea espressiva o poetica, basta solo esserci, basta solo aspettare che un curatore o chi per esso, ti coinvolga in una qualsiasi esposizione, per lasciare anche tu, una traccia. Potrai dire ai posteri che in quel ‘passaggio’ io c’ero. Quel famoso curatore di gravità che M. Duchamp aveva pensato ma non realizzato, per il suo Grande Vetro è inutile.

Il Movimento Antigravitazionale è fallito anche se per molti anni abbiamo pensato potesse rimanere, nonostante tutto, un punto di riferimento. Purtroppo oggi non abbiamo più bisogno di essere, o anche solo semplicemente rispondere alla domanda di chi siamo. Ora basta solo essere presenti.

Ma, visto che faccio riferimento alla vecchia pagina otto del mio sito, in cui dicevo appunto che il secchio vuoto, non solo è sinonimo di maggiore leggerezza per  avere il piacere di poter volare via al primo soffio di vento, oppure, al contrario essere il contenitore di qualsiasi ‘spazzatura’, vorrei specificare alla luce del ‘diverso’, ma possibile epilogo del racconto Kafkiano, che oggi non serve più avere un cavallo o essere cavalieri, e tanto meno andare a cercare qualcosa che possa scaldare la nostra casa. Ora, seguendo il nuovo epilogo di Kafka è necessario cercare una posizione ribassata, lontano dai grandi eventi climatici e storici, per fare in modo di evitare di lasciare tracce e tanto meno indizi, che possano, su un piano deduttivo logico, descrivere il nostro passaggio. Ora qualsiasi profezia è inutile, ora qualsiasi indizio è fallace.

Facendo riferimento al tema della leggerezza necessaria per il nuovo millennio proposta da Calvino, non serve più un cavallo alato, come Perseo, per liberare Andromeda costretta ad una roccia dalla Medusa. Ma non serve nemmeno chiedersi che fare, secondo quello che sono le aspettative prometeiche dell’umano vivere. Basta solo aspettare, aspettare l’onda giusta per poi cavalcarla, e come tutti i bravi surfisti, stare seduti a cavalcioni della propria tavola lì, in basso, tra un onda e l’altra rimanendo immersi e quasi nascosti con le mani in tasca.

Quello di cui abbiamo bisogno è solo l’attenzione.

L’attenzione alle cose, ai processi con cui si fanno le cose, la cura nel non lasciare troppi orpelli o scarti nella lavorazione, insomma la cura e l’attenzione per tutto ciò che ci circonda. La macchina e la tecnica ci hanno sostituito in tutto quello che sono le necessità primarie alla nostra esistenza, ora, dobbiamo solo stare attenti al modo in cui questa tecnica viene utilizzata. La bellezza che abbiamo costruito, immaginato e pensato deve essere solo curata e custodita affinché si conservi per le prossime generazioni. 

Le immagini che vedete rappresentano infatti due momenti topici del passato. La prima rappresenta ironicamente quando agli inizi del XX sec. Pablo Picasso cadde vittima di una associazione chiamata LA PELLE DELL’ORSO, che sotto la guida di André Level, faceva compravendita di opere di avanguardia. Nella vignetta adesiva e acquistabile per pochi euro, ne faccio un gioco proverbiale, assolutamente immaginario (il vero proverbio è non dire gatto se non lo ce l’hai nel sacco), dove Picasso ne esce ironicamente schernitore assieme al suo amico Salmon. Anche il secondo adesivo racconta di un quadro eseguito da Charles Edouard Janneret, da cui ne scaturiscono alcune riflessioni giocose che sarcasticamente si prendono gioco di tutti coloro che vedono ancora nella misura aurea e nell’equilibrio una grammatica funzionale all’orogenesi dell’opera. Il purismo e l’integralismo sono i nostri principali nemici.

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