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Moriremo spazialisti…(?)

Il passaggio da Rosario di santa Fè è il più complesso, non solo per una questione logistica ma anche per una fatto logico.

Sappiamo dai racconti storici che Fontana e Klein sono stati amici e che si stimavano a vicenda, anche se il loro modo di operare, ed essere artisti all’interno del XX secolo, è definibile con l’immagine di due strade parallele che difficilmente si incontrano.

Mentre Fontana è il luminare della quarta dimensione che con i sui buchi ha aperto ad un concetto di libertà sia esperienziale che ideativa, Klein impersonifica il profeta della smaterializzazione dell’Arte, colui il quale con le sue cessioni di sensibilità artistica pone un ipotetico dettato di catechesi per tutte le forme di espressione artistica che da allora prenderanno il nome di Performance.  Mentre Fontana faceva buchi e tagli per indicare una apertura verso una nuova dimensione, Klein metteva una tela sul tetto della sua Citroen per andare da Nizza a Parigi alla velocità di settanta chilometri all’ora per registrare sulla tela stessa il passaggio del tempo.

L’adesivo riportato qui non fa altro che mettere in gioco questa distanza. Mi immagino lo studio di Fontana a Rosario di Santa Fé, alla presenza di Iris Clert (amica e collezionista di Ives Klein), che si vede preoccupata e spaventata riflessa nello specchio. La ragione del suo stato emotivo è legato al fatto di avere da poco ricevuto la notizia della morte di Ives Klein, che proprio in quei giorni tutti cercavano di consolare per l’ignobile comportamento derisorio assunto nei suoi confronti da Gualtiero Jacopetti nella proiezione del Film Mondo cane del 1962 a Cannes.

La vicenda è riportata dalla stampa locale e dai giornali di settore del tempo, che con grande maestria esaltarono il valore documentativo dell’opera di Jacopetti, il quale, disinvoltamente, esemplificava il degrado morale e artistico del mondo contemporaneo portando come esempio proprio i monocromi blu di Ives Klein. Molte persone amiche di Klein, da Iris Clert a Dino Buzzati, tentarono di denunciare l’infamia inferta ai monocromi blu e alle antropometrie dell’artista, ma mentre la famiglia cercava di raccogliere documentazioni necessarie per portare in causa la casa distributrice del film e l’autore di ‘Mondo cane’, Ives Klein moriva di infarto. Era il 6 Giugno del 1962. Oggi mettere in legame la tragica morte di Klein con la proiezione del documentario di Jacopetti a Cannes sembra fin troppo facile, ma di fatto l’improvvisa dipartita dell’artista lasciò un vuoto incolmabile rispetto a tutto quello che voleva realizzare, alla sua continua voglia di definire l’Arte e l’essere artisti, non tanto per il numero di opere prodotte o per il numero di mostre eseguite, ma per la sensibilità, anzi più esattamente per la ZONA di sensibilità che contraddistingue la professionalità e l’intelligenza del FARE Arte.

Ora quello che sto scrivendo prende un sapore nostalgico e forse anche di maniera, ma sono sempre molto curioso di sapere e di immaginare, un po’ come Jasmin nel film BAGDAD CAFE’, lei che per amore di pulizia e capacità di ascolto alla fine riesce a modificare quello che sarebbe potuto accadere in meraviglioso gioco di apparizioni in successione senza fine e senza nesso ma dal sapore positivo. Insomma cosa avrebbe potuto essere la messa in campo dell’idea di Klein di un centro per la sensibilità? E pensare e realizzare una architettura per l’aria? Naturalmente l’immaginazione è in grado di farci viaggiare e sognare, ma innegabilmente se tutto questo fosse stato possibile grazie al lavoro costante e costruttivo di Klein, probabilmente oggi potremmo ragionare, riflettere e immaginare in modo diverso.    

Soprattutto quello che si potrebbe positivamente immaginare è l’effetto sull’oggi, se si fosse potuto realizzare l’idea di Klein di aprire una accademia, come una sorta di Bauhaus della sensibilità d’Arte, rispetto all’accelerazione, che ebbe proprio a partire dagli anni ’60, del ruolo del mercato dell’Arte, questa enorme macchina che ha negli anni saputo fagocitare e omologare infinite espressioni e ricerche degli artisti. Anche la tecnica ha evidentemente avuto il suo peso e il suo effetto sull’ accelerazione degli effetti del mercato, ma se a monte si fosse creata una giusta distanza di ascolto e riflessione sensibile, oggi la nostra attenzione e capacità critica di cogliere il cambiamento senza esserne travolti ci potrebbe garantire un controllo, che più in generale rappresenterebbe per l’artista, spesso lasciato solo, la possibilità di gestire le proprie intuizioni intellettive con maggiore intelligenza e ponderazione.  Moriremo spazialisti è un monito (?), oppure una semplice affermazione dubbiosa, rispetto a quello che di questi anni Sessanta e degli artisti presenti il mercato e la storia ci ha lasciato in eredità, o forse ancora più onestamente ci ha taciuto lasciando al singolo il compito di scoprire la bellezza e la vertigine di un pensiero che non troverà un posto se non nel modesto riflesso del volto di Iris Clert del mio adesivo.

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